Humankind di Rutger Bregman

Tagged: articles, humankind, sapiens, literature, reviews, book
humankind
Humankind

Humankind (in italiano “Una nuova storia (non cinica) dell’umanità”) è stata una lettura che mi ha sconvolto. Consiglio di astenersi dal leggerlo a chi vuole rimanere fedele a vecchie ideologie del secolo scorso, perché questo libro potrebbe far cambiare radicalmente idea sul genere umano e sulla società che abbiamo creato negli ultimi secoli. Se anche voi, come me, dopo aver letto Sapiens di Harari, avete pensato che le recenti scoperte scientifiche confermino l’idea che l’essere umano sia per natura egoista, cinico e perverso, Humankind vi farà cambiare opinione. Il libro inizia mettendo in discussione il dogma che l’uomo sia per natura egoista, fondandosi sulle opere di pensatori come Machiavelli, Hobbes, Nietzsche, Freud, Dawkins e molti altri che hanno diffuso questa convinzione in Occidente. Questo mito viene sfatato dall’autore, che usa le ultime ricerche scientifiche per smentire le prove che sono state usate nella storia per sostenere la vecchia ideologia.

Rutger Bregman, filosofo e giornalista olandese classe '88, torna agli inizi del XVIII secolo quando Hobbes, in Inghilterra, credeva che l’uomo nasca cattivo ed egoista e la società sia ciò che lo salva dai suoi istinti bestiali. Mentre nello stesso periodo in Francia, Rousseau era convinto del contrario, ossia che per istinto l’uomo è buono e che la civiltà moderna lo abbia invece danneggiato. Il libro si pone di dare una risposta alla domanda su quale delle due idee contenga la verità, facendo una ricerca che parte dall’evoluzione umana, e ripercorre le tappe che hanno preceduto l’evento che ha dato inizio alla storia della nostra civiltà: la privatizzazione dei terreni. L’autore argomenta, con molti esempi anche recenti, che quell’evento è stata la fonte di molti problemi che ancora oggi affliggono l’uomo, tra cui spicca l’egoismo generato dalla disuguaglianza tra chi possedeva molto e chi nulla.

“A meno di tre anni, i bambini dividono equamente una torta; a sei anni, preferiscono buttarne via una parte piuttosto che dare a uno solo una fetta più grande.” - Rutger Bregman

La risposta che dà Bregman è chiara. L’uomo è un animale altamente sociale, evoluto per essere compassionevole con i membri della sua specie; è in grado di ottenere enormi vantaggi applicando questo comportamento, tra i quali spicca l’abilità di apprendere rapidamente dagli altri. Questo è il fattore che ha fatto sì che l’homo sapiens sia stato in grado di sopravvivere e di diffondersi al posto delle altre specie di ominidi. A quanto pare homo homini lupus è stato un errore grossolano perpetrato per secoli.

“Per il 95 per cento della nostra storia abbiamo vissuto in un mondo relativamente pacifico ed egualitario. Ci siamo evoluti per collaborare e prenderci cura gli uni degli altri.” - Rutger Bregman

Come mai l’uomo ha accettato di passare da vivere un’esistenza da cacciatore-raccoglitore a vivere stabilmente coltivando la terra? Come mai abbiamo accettato la civiltà e idee come il denaro? Cosa rende alcune persone più capaci a comandare rispetto agli altri? Sono molte le domande a cui il libro si pone, evitando risposte ciniche e guardando in modo oggettivo ai risultati delle ricerche scientifiche degli ultimi anni. Bregman in molti casi racconta di aver creduto in prima persona a idee sbagliate, anche a causa di intellettuali odierni come Noah Harari, Malcolm Gladwell e Richard Dawkins, i quali, pur avendo scritto bestseller, non hanno sempre verificato in maniera approfondita la validità delle fonti da cui hanno attinto.

“Dagli studi psicologici, infatti, risulta che chi si sente impotente è più insicuro; esita prima di esprimere la propria opinione; in un gruppo, si fa più piccolo. Si sente più stupido di quanto sia in realtà. Sono sentimenti che ai potenti fanno comodo. Persone che dubitano di se stesse non si ribellano.” - Rutger Bregman

La cosa più notevole del libro, oltre alle sorprendenti conclusioni che ribaltano il pensiero dominante sulla specie umana, è la consapevolezza costante che inculca nel lettore che l’uomo è un animale buono. Concetti come la fiducia reciproca, l’imparzialità, il coraggio, la generosità e la compassione per gli altri, sono stati fin dall’inizio dei secoli elementi fondamentali per l’evoluzione dell’uomo e, conclude Bregman, devono tornare a essere priorità nella nostra vita.

“Come la maggior parte di noi diventerebbe vegetariana all’istante se dovesse macellare da sé una mucca, così la maggior parte dei soldati diventa obiettore di coscienza appena il nemico si avvicina troppo.” - Rutger Bregman

Nella seconda parte, il libro racconta di casi in cui sono stati usati degli approcci fuori dal comune, in campi come la gestione aziendale, l’istruzione, la politica e gli istituti penitenziari. Essi diventano esempi e strategie concrete e attuabili per migliorare una società globale che tutti concordano non stia oggi lavorando nell’interesse dell’umanità. Humankind è stato uno di quei libri che tengono incollati e mi ha fatto venire voglia di far sapere a tutti ciò che rivela. È una visione diversa e più positiva di simili autori di bestseller - forse per questo l’autore non viene invitato spesso a parlare con i “big” del presente. “È possibile cambiare il presente, ecco perché farlo e da dove potremmo partire”, questo è il tema del libro. Bregman è molto convincente, scrive molto bene e ha idee uniche da cui partire per ragionare su come potremmo cambiare il sistema in cui viviamo, partendo dal basso. Ci vuole coraggio per andare contro alle ideologie che dominano i nostri tempi. Consigliato.

“Quelle che noi chiamiamo le “pietre miliari della civiltà” – l’invenzione del denaro, della scrittura e della giustizia – furono, in origine, le pietre miliari dell’oppressione.” - Rutger Bregman

© 2024 Elia Scotto ⋅ RSS feed