Recensione libro - Lolita

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Alla domanda su cos’è che rende un libro un successo, Ken Follett ha risposto che il fattore chiave è la capacità dello scrittore di far condividere al lettore le emozioni che vivono i personaggi. Per questo motivo Lolita è da considerarsi uno dei romanzi più importanti del XX secolo. Perché farci immergere nella mente di un pedofilo, e farci provare emozioni come empatia, pena, rabbia, per un protagonista maledetto, è una delle fatiche più ardue che un scrittore possa compiere. Vladimir Nabokov, con Lolita, ha creato un capolavoro.

Se pensiamo per un attimo alle storie più macabre che conosciamo, è probabile che ci vengano in mente soggetti come tossicodipendenti, assassini, truffatori e traditori. E se il narratore è stato abile, siamo riusciti a instaurare una connessione emotiva con le vicende di questi personaggi. Nessuno però, prima di Lolita, aveva rotto il tabù della sessualità tra un uomo adulto e una ragazzina agli inizi dell’adolescenza. Non a caso il libro fu più volte rifiutato dagli editori americani, per essere pubblicato a Parigi da una casa editrice di romanzi erotici. Lolita venne respinto - molto probabilmente censurato - allo stesso modo in cui vennero scartate le opere di Proust, Joyce, Hemingway, che una volta ripescate divennero dei capolavori pubblicati ancora oggi. Lolita aveva sollevato una questione morale per gli editori. Non si trattava solamente di un libro osceno, era un racconto scabroso a tal punto da superare i limiti della morale negli anni 50.

La storia è la confessione dei crimini commessi da Humbert Humbert - uno pseudonimo -, mentre si trova in una cella carceraria in attesa di giudizio per omicidio e pedofilia. Nabokov scelse di raccontare in prima persona per creare un resoconto dei fatti così realistico che il narratore e lo scrittore, in alcuni punti, paiono sovrapporsi. La scrittura è raffinata, artistica, nitida, e combacia con il profilo del protagonista risaltando le sue ossessioni e il suo romanticismo. Perché tra i sentimenti del libro, c’è soprattuto l’amore. Un amore perverso, frutto di un capriccio non esaudito in gioventù, sfociato col tempo in un desiderio morboso per le giovani ragazzine che rispettano certi standard - chiamate ninfette. Quando Humbert incontra Dolores, rivede in lei i tratti dell’adolescente di cui si era invaghito anni prima. Lolita gli appare così perfetta da farne la sua ninfetta, quasi fosse un regalo del destino.

Nulla al mondo, infatti, dà tanta beatitudine quanto accarezzare una ninfetta.

Un amore folle, nocivo, e non corrisposto, rende Humbert cieco (per scelta) di fronte ai disagi patiti dalla ragazzina per i continui abusi, i ricatti e le menzogne da lui perpetrati. Un amore distruttivo nel quale tutte le persone coinvolte finiscono per esserne danneggiate.
All’inizio del romanzo, Humbert sembra quasi simpatico con la sua ironia forbita, ma quando la narrazione entra nel vivo, gradualmente la figura si sgretola e capiamo che i suoi non sono solamente dei capricci sentimentali; Humbert è disposto a tutto per avere Lolita per se. Diventa quindi un personaggio snob che giudica chiunque incontri, mentre si rivela cinico mentendo alla ragazzina in cambio di favori sessuali, e comprandole qualsiasi cosa desidera quando lei prova a ribellarsi al gioco perverso in cui lui l’ha condotta, abusando dell’innocenza di lei.

Il libro non cade nella descrizione di scene erotiche; Nabokov non cercava lo scandalo per ottenere fama e vendere copie. L’anatomia della ragazzina è abbozzata con dei dettagli innocenti che il protagonista annota nella sua mente. È una tecnica che aveva già sperimentato in precedenza in altre sue opere, come Una risata nel buio, dove una giovane e attraente ragazza porta alla rovina un adulto facoltoso ma sprovveduto. Non è la prima volta che Nabokov affronta una storia d’amore travagliata, con differenze d’età tra gli amanti. L’idea stessa di Lolita, ci racconta Nabokov, era nata molti anni prima e più volte tentò di abbozzare la storia e per poco non ne distrusse i manoscritti.
Lolita, nella storia, diventa qualcosa in più dell’oggetto del desiderio. Come suggerisce Stefano Bartezzaghi in un intervista su Rai Cultura, Nabokov fa si che Lolita giochi il ruolo della madeleine per Humbert Humbert, perché riesce a fargli riscoprire l’amore perduto in gioventù. Il concetto di memoria nel libro venne sicuramente influenzato dagli scritti di Proust di cui Nabokov, professore di lettere in America, tenne delle lezioni.

Il compito più difficile nel leggere Lolita è interpretarne il significato. Nabokov, nella postfazione, afferma che il libro non ha nessuna morale ma che l’unico scopo sia quello di provocare nel lettore ciò che chiama la “voluttà estetica”, ossia entrare in contatto con altri stati dell’essere dove l’arte è la norma. Anche se lo scrittore abbia ideato la trama senza appropriargli un significato, non implica che il testo sia privo di senso. Il protagonista vive in America nell’epoca del trionfo capitalista del dopoguerra, in cui l’ideologia dominante diceva che lo scopo ultimo della vita è quello di soddisfare i propri desideri. In Humbert riecheggia questo pensiero, tramite la figura di un uomo egocentrico e poco empatico. Forse possiamo trovare un senso in questo racconto degli impulsi fisiologici di un pervertito, quello di leggere i desideri nascosti della società perbene del tempo.
A questo proposito, nel documentario della BBC del 2009 How Do You Solve A Problem Like Lolita?, Stephen Smith, ripercorrendo i luoghi in Nabokov aveva vissuto, parla di come lo scrittore, quando era ancora in Russia, componeva racconti e poesie d’amore. Lolita invece appartiene ad un Nabokov oramai maturo; l’amore diventa un sentimento corrotto e perverso, forse inconsapevolmente contaminato dai cambiamenti culturali avvenuti nel tempo.

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